Il leader della band punk-hardcore racconta l’evoluzione musicale del gruppo, tra suoni più maturi e testi senza filtri, in vista del Beach Out Poetto Vol. 19 a Cagliari. Carlame, voce e anima dei Discomostro, non è il tipo da risposte scontate. La sua intervista con Unica Radio, in vista del concerto al Beach Out Poetto Vol. 19, è un flusso di coscienza sincero, diretto, a tratti crudo, proprio come la loro musica. La band è giunta al quarto album in studio e, come racconta Carlame, il suono oggi è più definito, le atmosfere più stratificate, ma l’anima resta la stessa: rabbiosa, ironica, profondamente umana.
“Ci sentiamo male prima e male adesso, ma musicalmente siamo molto soddisfatti”, dice sorridendo. Una frase che riassume il paradosso del progetto Discomostro: usare il punk e l’hardcore per veicolare disagio e negatività, ma con un fine terapeutico. “Ogni canzone è una valvola di sfogo, un urlo liberatorio che ci permette di stare meglio”, continua.
Dalla batteria al microfono: l’urgenza di mettersi a nudo Carlame è passato dalla batteria al ruolo di frontman, non per calcolo ma per esigenza. “Scrivevo già i testi ai tempi degli Scloniars, ma avevo paura di mettermi a nudo. Poi ho deciso: le cose che scrivo, le canto io”. Da quel momento, la voce è diventata strumento e confessionale. Il palco, invece, non è cambiato: resta il luogo dove liberarsi e connettersi con un pubblico eterogeneo, fatto di fan della prima ora e nuovi adepti, giovani e adulti.
Il nuovo album sorprende anche per le sonorità: accanto all’anima punk, compaiono sfumature rock’n’roll, melodie leggere e toni quasi estivi. “Non è stata una scelta a tavolino, è successo. Ci siamo evoluti naturalmente”, racconta. Una parte del gruppo ha curato con precisione la registrazione e il sound, mentre Carlame ha preferito concentrarsi sui contenuti. “A me interessa arrivare sincero, non perfetto”.
Sincerità come strumento di connessione e sopravvivenza I testi dei Discomostro non fanno sconti: solitudine, pressione sociale, suicidio e isolamento sono raccontati con lucidità. Portarli su un palco estivo, tra il mare e la sabbia del Poetto, è un atto che potrebbe sembrare spiazzante. Ma Carlame lo vive serenamente: “I contenuti sono duri, ma il nostro atteggiamento è leggero. Sopravviviamo anche grazie all’ironia”.
Per il pubblico, spiega, i concerti sono un momento di riconoscimento e sfogo collettivo. “È come una grande famiglia di mostri e casi umani che si ritrova per urlare insieme, ma anche per ridere. C’è rispetto, condivisione, e soprattutto onestà. Se una canzone è sincera, arriva. E resta”.
Il ritorno al Poetto, per Carlame, è anche una questione personale: “Ci ho suonato vent’anni fa, quando stavo ancora dietro la batteria. Tornarci oggi da frontman, con questi brani, sarà un’emozione fortissima”.