エピソード

  • La fada Calamita
    2025/10/18
    l Santo camminava tra i prati e le contrade, lui su un cavallo bianco, il suo segretario su un cavallo nero. Il Papa lo aveva inviato a Trento dove, nella grande basilica, vescovi e cardinali non riuscivano a portare a termine il Concilio. Tra di loro, vestito da frate, vi era il diavolo che con le sue parole ingannatrici seminava la discordia. L’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo era già in odore di santità. Ecco che il Santo Padre era certo che recandosi a Trento avrebbe sconfitto Lutero e i suoi seguaci che predicavano che «el papa no’ l’era el Cristo in tera» e avrebbe portato a termine il Concilio. La chiesetta dedicata a San Carlo Borromeo, a Camposilvano, lungo l’antica strada che conduce ai pascoli alti della Lessinia, è un indizio del passaggio dell’Arcivescovo. Ma perché a Camposilvano? E perché salire sulle montagne della Lessinia per arrivare a Trento?Vi erano i briganti ad aspettarlo alla Chiusa di Ceraino e fu uno di loro, fedele al papa, ad andare incontro a San Carlo e ad avvertirlo del pericolo. Così l’Arcivescovo decise di salire sulle Sine (i Lessini), percorrere il Vaio di Squaranto e la Strada Cavallara arrivando proprio a Camposilvano. Chiesta ospitalità per la notte, a sera San Carlo si sentì raccontare dalla gente del posto le storie delle fade, esseri malefici che rapivano i bambini incustoditi, strangolavano le donne con fazzoletti di seta e tenevano prigionieri i montanari. Immagino, davanti alla chiesetta, il santo seduto su uno scranno, con intorno un capannello di persone. Mi chiedo se la gente di Camposilvano gli parlasse in tauc, l’antico dialetto alto-tedesco, il così detto cimbro, e come fossero riusciti quei contadini e boscaioli a spiegare a San Carlo che le fade un tempo erano solidali con gli uomini, avevano insegnato loro il segreto per fare il formaggio con il caglio e regalavano alle donne gomitoli di lana che non finivano mai.Fu a causa della curiosità e la malizia di alcuni giovanotti che diventarono ostili. Aspettatele fuori della stalla dove partecipavano al filò, vennero loro strappati di dosso i meravigliosi abiti per vederne il corpo e scoprire così che le bellissime ragazze arano pelose, con vipere vive al posto delle cinture e le zampe come quelle di una capra. Ecco che, da allora, si vendicarono con i montanari tormentandogli in ogni modo. I massi del Vaio delle Buse sono dipinti di giallo dal primo sole d’autunno. Tra queste pietre friabili, che qualcuno chiama sfingi, gli orchi andavano a spiare le fade mentre, nude, si lavavano nella pozza d’acqua. Cerco lo spioncino da dove gli orchi le guardavano segretamente ma non lo trovo. Da qui, dove avevano la loro dimora, le fade vennero poi scacciate proprio da San Carlo Borromeo quando, arrivato a Trento, scagliò la sua maledizione contro di loro e le costrinse a vivere nel Cóvolo di Camposilvano, la grande caverna che perfino Dante visitò, trovandone ispirazione per il suo Inferno.Quante volte sono sceso nel Cóvolo? E quante storie ho cercato qui, protetto da questa immensa corona di roccia che strapiomba nel buio del sottosuolo? Ricordo Attilio Benetti, indimenticabile ispiratore, consigliere e amico, quando raccontandomi la storia di Calamita mi indicava la fessura nella parete di roccia dov’ella, che aveva il dono di potersi trasformare in essere incorporeo, poteva passare per entrare nella sua sontuosa dimora. Un tempo era costei ella stessa una fada ma per i suoi meriti (aveva insegnato ai montanari a fare la ricotta) fu trasformata da San Carlo in una donna bellissima che non invecchiava mai. La sua abitazione era scavata nella roccia, nell’antro più segreto del Cóvolo, le pareti delle stanze erano rivestite di cristalli, sulla cappa del camino vi era appeso uno schioppo con il calcio di lamine d’oro e su uno scaffale di legno stava in bella mostra il Libro del Diavolo. Calamita possedeva, infine, una vecchia pignatta nera che si riempiva di ogni cosa desiderata soltanto sfiorandola con due dita e recitando le parole magiche.Ma, pur avendo tutto ciò che desiderava, Calamita era sola. Così decise di sposarsi con un montanaro che le fosse piaciuto. Si vestì riccamente, con una abito di seda del Trentin e uno scialle ricamato d’oro, grazie ai suoi poteri uscì dalla stretta fessura nella roccia e raggiunse un crocevia.Cammino verso la Valsguerza. Penso alla cava di marmo giallo reale che l’avrebbe devastata e avrebbe distrutto l’antica carrareccia se, ventitré anni fa, in migliaia non avessimo camminato in silenzio per salvarla. Al crocevia della Crose del Galo immagino Calamita aspettare che passasse di lì qualcuno che le piacesse. Passò un giovane e vedendo una donna così bella, di notte, fuggì a gambe levate per andare a rifugiarsi in una stalla e raccontare, pallido per lo spavento, d’aver incontrato un’anima purgante venuta a intercedere per i suoi peccati. Calamita pensò d’averlo spaventato a causa dei suoi abiti preziosi, tornò...
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  • Toni Sberla
    2025/06/03
    Salivano di notte da Ala per l’impervio sentiero della Valbona fin sui pascoli alti della Lessinia i contrabbandieri, per sfuggire alle guardie del confine tra il Regno Lombardo Veneto e l'Impero Austroungarico. Dopo il 1866, per procurarsi a un prezzo ragionevole zucchero, caffè, tabacco, sale, pepe e spirito, i montanari diventarono fuorilegge per fame e miseria. Tra di loro si racconta di Toni Sberla e di come riuscì a mettere l’uno di fronte all’altro un contrabbandiere e un finanziere e far capire a entrambi d’essere solo due pori cani. Alessandro Anderloni racconta e cammina la sua storia.
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  • Il Brigante Falasco
    2025/05/26
    Aveva la sua tana sulle cenge a strapiombo sull’alta Valpantena. Era un uomo dalla fama obbrobriosa, crudele e spietato. Nel 1675, su mandato dei conti Giusti di Santa Maria in Stelle, rapì la bella Angiolina Leonardi. Prestava i suoi servigi come bravo per i signorotti della valle, tra cui il potente Conte Alegro che aveva la sua villa a Cuzzano, meschino e spregiudicato non meno dei suoi buli. Alessandro Anderloni cammina la storia del Brigante Falasco, da Poiano alla sua torre sopra Grezzana.
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  • Il Serraglio
    2025/05/22
    A metà del Trecento, gli Scaligeri costruirono un’imponente muraglia che collegava Borghetto, il castello di Valeggio e quello di Villafranca e che doveva arrivare fino alla Rocca di Nogarole. Un bastione difensivo di centocinquanta torri, lungo il corso del Tione dei Monti e delle Valli, a prolungare le difese naturali del Garda, del Mincio e delle paludi di Grazzano. Alessandro Anderloni cammina sulle tracce delle antiche e scomparse mura del Serraglio Scaligero.
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  • Madonna della Corona
    2025/05/13
    È stato definito il Santuario più ardito d’Italia. Qui, secondo leggenda, nella notte del 24 giugno 1522 apparve, in una nicchia nella roccia a strapiombo sulla Val d’Adige, la statua dell’Addolorata scomparsa lo stesso giorno dall’isola di Rodi. Alessandro Anderloni percorre la via dei pellegrini che scendono dal Corno d’Aquilino e risalgono i 1672 scalini che da Brentino portano lassù, al Santuario appeso alla roccia.
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    16 分
  • Dante a Verona
    2025/05/09
    Alessandro Anderloni cammina la Verona di Dante, la città che fu per il poeta rifugio e ostello cortese. Da Piazza Dante, attraversando i luoghi legati alla presenza veronese dell’esule fiorentino, in una giornata di primavera, a scoprire la meraviglia della nostra città e a contraccambiare la riconoscenza che le dedicò il poeta nel XVII canto del Paradiso.
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  • Benigno e Caro
    2025/04/29
    Nell’anno del Signore 806, costruita a Verona la grande Basilica di San Zeno, per traslare nella cripta la salma del patrono della città scesero dalle pendici del Monte Baldo, dove avevano scelto di vivere in eremitaggio, Benigno e Caro. Da Cassone, sul Lago di Garda, Alessandro Anderloni ha camminato fino al loro eremo, in una giornata di nebbia, pioggia e poesia.
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  • Carpanea, l'Atlantide della Bassa
    2025/04/28
    Le Grandi Valli Veronesi un tempo erano una città di cento torri, circondata da sette ordini di mura. In un grande lago alle sue spalle confluiva l’acqua di fiumi e canali, regolata da dighe, chiaviche e paratie. La sfrontatezza di un re e l’avidità dei sacerdoti del tempio al dio Appo furono la rovina della mitica Atlantide delle Basse.
    Alessandro Anderloni cammina e racconta, tra terra e acqua, l’antica leggenda di Carpanea.
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    14 分