Santa Lucia
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«Santa Lucia, pòrteme un caretin». Nella chiesa di Santa Lucia Extra, sotto l’altare della vergine martire di Siracusa, in una grande bottiglia ci sono le lettere a Santa Lucia. Di buon mattino, prima dell’inizio della scuola, i bambini e le bambine entrano in chiesa per lasciare lì la loro letterina, la stessa che scrisse anche Renzo Poffe, pittore e poeta, quando, il 12 dicembre di tanti anni fa, chiese alla Santa di portargli un caretin.
Prendo in prestito la sua storia per immaginarmi un bambino di nome Renzo partire a piedi con la mamma dal quartiere di Santa Lucia per andare in Piazza Bra. Non solo per visitare i Banchetti di Santa Lucia, ma per tenere fede al voto di camminare fino alla piazza in cui, nel Medioevo, i bambini giunsero per chiedere alla santa ausiliatrice della vista di guarirli dalla malattia agli occhi che li affliggeva.
La statua della martire guarda la piazza, dall’alto della facciata di questa che è la sua chiesa in città. Ma la storia del culto di Santa Lucia a Verona è lunga e complessa. L’oratorio che venne costruito qui nel 1518 non fu il primo. Ce n’era un altro più antico che si trovava intra (dentro) le mura della città. Quella che nel quartiere di Santa Lucia possiamo vedere oggi è invece la chiesa che don Pietro Cunego fece erigere a fine Ottocento. Il capitello all’incrocio tra Via Mantovana e Via VI Maggio ha le forme della cella campanaria del suo campanile.
Immagino Renzo fermarsi davanti al capitello e fare il segno di croce, per poi proseguire sulla strada verso il centro. La maestra gli aveva spiegato che quello era il tracciato di un’antica via romana chiamata Postumia e che a testimoniarlo, poco più avanti, avrebbe trovato un sasso dallo strano nome: cippo gromatico. Oltre il cippo, un muro sbarra oggi l’antica via consolare romana: prima il Forte Werk Schwarzenberg e poi il deposito delle locomotive vennero costruiti a interromperne il tracciato. Per proseguire verso Piazza Bra, Renzo e sua mamma avranno dovuto prenderla larga e, come devo fare io, passare sotto alle linee ferroviarie. A stento respiro nei sottopassaggi. Il rumore del traffico è assordante. Mi chiedo come doveva essere diversa, più silenziosa e quieta, questa periferia, a inizio Novecento. E dove doveva trovarsi l’antico oratorio di Santa Lucia che nel 1308 un drappiere di nome Pace, mercante di lana, fece costruire per voto, dopo che la Santa lo aveva guarito da una mortale cancrena alla gamba.
La storia delle chiese dedicate a Santa Lucia a Verona è di continue costruzioni, demolizioni e ricostruzioni. Secondo i documenti, un primo oratorio era stato eretto nel 973. Nel 1178 vi era annesso un ospedale gestito da frati. Tutto venne distrutto nel 1260 dalle scorrerie di Ezzelino da Romano. Ricostruito da Pace il drappiere nel Trecento, dopo due secoli anche questo oratorio venne raso al suolo quando, al termine della Guerra della Lega di Cambrai, nel 1518 il Doge di Venezia Andrea Gritti ordinò di “spianare” tutto, case e alberi, nello spazio di un miglior intorno a Verona. Anche l’oratorio di Santa Lucia, che si trovava nella fascia della così detta Spianà, venne demolito.
Raggiungo l’austriaco Forte Santo Spirito che anch’esso venne costruito su questo lembo di terra spianata, come pure la nuova porta che Sanmicheli progettò per rimpiazzare quella delle mura scaligere. È risalendo Stradone Porta Palio che trovo ciò che rimane dell’altra chiesa dedicata a Santa Lucia, quella intra moenia, dentro le mura. Il convento costruito qui nel 1743 venne manomesso dalle truppe napoleoniche e infine bombardato nella Seconda Guerra Mondiale. Ciò che rimane oggi è la facciata, incastonata tra gli edifici militari.
La mamma di Renzo, passando di lì, spiegò al bambino che quella era l’antica chiesa di Santa Lucia dentro le mura. Fu allora che lui le chiese perché la Santa porta i regali ai bambini, nella notte del 12 dicembre, e lei glielo raccontò. Tanti anni prima, i bambini e le bambine di Verona camminarono scalzi fino alla chiesa di Sant’Agnese, in Piazza Bra, per chiedere alla santa di Siracusa di guarirli da una terribile malattia agli occhi. Ma era un freddo inverno e i bimbi recalcitravano a camminare senza scarpe. Allora le mamme promisero loro di chiedere a Santa Lucia di ricompensarli di quel sacrificio con dolci e regali. È da allora che la Santa visita a una a una le loro case e porta loro i doni, per ringraziarli di quel pellegrinaggio. Ed è da tempo immemore che il 10 dicembre, arrivavano puntuali in Piazza Bra i venditori di dolciumi e di giocattoli, con i loro pittoreschi banchetti che sono il vero, autentico, popolare mercatino della nostra amata Verona che troppo spesso cerca scorciatoie turistico-commerciali, dimenticando che, fino a ieri, era solo un paese.
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