『Torino e Cultura』のカバーアート

Torino e Cultura

Torino e Cultura

著者: Carlo De Marchis
無料で聴く

このコンテンツについて

Podcast sulle persone che fanno cultura a Torino. Ideato e prodotto da Carlo De Marchis.Carlo De Marchis 社会科学
エピソード
  • Ep. 79: Valentina Pozzi - Cinema indipendente e comunità creative
    2025/07/08

    Valentina Pozzi aveva un sogno di camice bianco e bisturi, ma il destino le ha messo davanti una macchina da presa. La regista torinese di 42 anni racconta come un incontro con Libero De Rienzo abbia stravolto i suoi piani: "Volevo fare chirurgo plastico e poi ho conosciuto Libero che mi ha detto dai vieni qualche giorno giù a Roma con me. Sono rimasta sei anni là e abbiamo prodotto insieme un film."L'esperienza sul set di "Sangue", primo film di De Rienzo come regista, è stata la sua scuola di vita: "Ho imparato tutto quello che so perché ogni settimana di lavorazione la facevo in ogni reparto." Un cinema "sporco", fatto di imperfezioni e collettività, che sfida le gerarchie tradizionali: "Eravamo un gruppo di zingari del cinema e di operai, ci siamo ritrovati a occupare questo set per sovvertire quelle modalità gerarchiche cementate nel cinema romano."Dopo il ritorno a Torino, Valentina ha costruito un percorso tra videoclip e progetti artistici, collaborando con Boosta, Niccolò Fabi e Willy Peyote. Il videoclip "Io sono l'altro" con Fabi rappresenta un momento di svolta: quello che doveva essere un progetto complesso si è trasformato in intimità autentica. "Ricordo di aver detto a Niccolò: cantala a me, guardami e cantala." Da quella connessione è nato un video che ha commosso tutti sul set.Fabi le ha insegnato la flessibilità creativa: "Mi ha sempre detto che il fatto che decidiamo di far partire le cose in un modo non vuol dire che non dobbiamo avere l'intelligenza di renderci conto quando assumono una forza loro più potente."La poetica di Valentina è caratterizzata da elementi ricorrenti: "Nella maggior parte dei miei video ci sono o i miei cani o degli animali oppure c'è il vento." Il vento diventa metafora di trasformazione: "È un movimento utopico, un moto a luogo, come lo definiscono nell'antica Grecia, il concetto in cui ci dovremmo spostare tutti nella vita."Centrale è la distinzione tra guardare e vedere: "Siamo tutti incentrati sul guardare le cose, ma a volte non le vediamo. È una differenza semantica minima ma gigantesca." Questo si riflette nella predilezione per il cinema imperfetto, dove sfocatura e imperfezione diventano strumenti espressivi.Torino è il palcoscenico dei suoi lavori: "Il grigio torino è una tavolozza incredibile, se hai una superficie piatta puoi farci di tutto." La sua vita artistica si intreccia con quella imprenditoriale attraverso il locale Barbiturici, gestito da 11 anni: "È diventato un catalizzatore di cose artistiche, fa parte del pacchetto Illegal Film."L'Atletico Barbiturici, squadra sportiva che ha fondato, rappresenta la sua filosofia comunitaria: "Ci siamo stufate di fare le cose da soli, vogliamo qualcuno che venga con noi senza giudizio."Il progetto più recente è "Sangue Nostro", documentario dedicato al metodo di De Rienzo, realizzato con Elio Germano: "Racconta la volontà di creare qualcosa insieme in maniera libera e consapevole." Il cerchio che si chiude, celebrando il cinema come atto collettivo per vedere il mondo da angolazioni diverse.

    続きを読む 一部表示
    28 分
  • Ep. 78: Mathieu Jouvin - Il sovrintendente francese che ha rilanciato il Teatro Regio
    2025/06/24

    Mathieu Jouvin, sovrintendente del Teatro Regio da tre anni, racconta la rinascita di una delle istituzioni culturali più prestigiose d'Italia. Il dirigente francese ha trasformato un teatro in crisi in un punto di riferimento internazionale per l'opera.La passione nasce a Montpellier, dove il nonno faceva la coda all'Opéra Garnier per i biglietti della Callas. A dieci anni vede Carmen, ma il colpo di fulmine arriva a diciassette con Cavalleria Rusticana: "Ho percepito emozioni che non avevo mai percepito nell'arte, un'emozione pazzesca". Da autodidatta, sviluppa un amore per la scoperta che caratterizzerà la sua direzione: "Mi piace molto scoprire e ogni stagione cerchiamo di portare cose meno conosciute per incuriosire".Dopo studi in economia, uno stage all'Opera di Parigi "mi salva la vita". A 24 anni gestisce il budget di 750 persone, imparando ogni mestiere del teatro: "Va bene gestire le cifre, ma se non sai cosa c'è dietro non capisci nulla". Seguono nove anni all'Opera di Lione, dove diventa "migliore opera al mondo", e quattro al Théâtre des Champs-Élysées.L'arrivo a Torino nel 2022 rappresenta la sfida più grande. Il Regio aveva problemi economici e commissariamento. "Mi sono messo nella lavatrice", ammette, descrivendo mesi intensi di riorganizzazione totale. "Il teatro aveva bisogno di essere rimesso a posto, mancavano tante figure apicali", mentre doveva garantire la continuità artistica e programmare il futuro.La strategia richiedeva equilibrio estremo: "Era una tensione permanente tra proporre qualcosa di originale, sapendo che non eravamo attrezzati. Era giocare con il limite". I primi mesi furono difficili, con "telefonate anonime, rumori" e clima mediatico ostile.Il successo arriva gradualmente: premio Abbiatti per Juve, poi per Manon. "Questo ha dimostrato che qualcosa stava succedendo". L'innovazione delle anteprime giovani diventa un fenomeno: "Vedere tutti questi giovani che si sono appropriati il teatro è bellissimo", riflettendo la filosofia "Il Regio è di tutti".La programmazione segue sempre un filo conduttore. "L' Amour Tojours" ruotava intorno a Puccini e l'amore, "La meglio gioventù" sui giovani. La nuova stagione "Rosso" esplorerà "questa tensione tra desiderio e violenza", citando Malraux: "Cerco questa regione dell'anima dove il male si oppone alla fratellanza".Jouvin ama profondamente Torino, citando Eco: "Senza l'Italia Torino sarebbe comunque Torino". Apprezza la modestia e il rapporto serio con il lavoro: "È come un segreto nascosto, un gioiello conosciuto solo da chi sa". La città permette libertà artistica: "Ci sentiamo molto liberi di proporre quello che vogliamo".Oggi la trasformazione è completa: "Non ho più bisogno di intervenire sulla vita quotidiana. Siamo riusciti a rimettere l'organizzazione a posto". Il pubblico dimostra fiducia anche verso titoli meno noti, segno di una rinascita autentica che ha restituito al Teatro Regio la sua identità e prestigio internazionale.

    続きを読む 一部表示
    50 分
  • Ep. 77: Guido Catalano - Dal palco alla pagina, trent'anni di poesia vissuta
    2025/06/16

    Guido Catalano, 54 anni, poeta torinese in attesa del primo figlio, ha trasformato le difficoltà personali in una professione unica: il "poeta professionista vivente". Trent'anni di carriera che partono dalla musica con il gruppo "Pikkia Froyd" e arrivano ai grandi palchi del Colosseo e dell'Alcatraz milanese."In realtà prima volevo fare il cantante", racconta Catalano. "Io scrivevo i testi e cantavo male, ma scrivevo dei testi divertenti". Quando il gruppo si sciolse, quella passione per il palco rimase: "Mi piaceva questa cosa di stare su un palco e raccontare delle storie". Il passaggio alla poesia fu naturale: "La poesia è autonoma, non dovrebbe avere bisogno della musica".Iniziò nei locali torinesi di fine anni Novanta, partendo dal Caffè Liber. "Andavo dal gestore e c'era un reading di poesia, lui mi guardava male", ma gli eventi funzionavano. Il primo libro, "I cani hanno sempre ragione" (2000), partì con 300 copie. Il titolo stesso illustra la sua poetica: "I titoli li prendo spesso così, cioè li sento, arrivano", nato da una frase casuale di un'amica.La sua poesia si caratterizza per un verso "liberissimo, con una chiave ironica, alle volte comica". Ma precisa: "questa cosa qua non l'ho concepita a tavolino, è venuto naturale". L'origine è terapeutica: "ho iniziato a scrivere poesia per una sorta di autopsicanalisi". Le difficoltà relazionali giovanili divennero materiale poetico: "La difficoltà base era che non trovavo una fidanzata e ero in grave difficoltà con il rapporto con l'altro sesso".Questa sincerità non fu sempre apprezzata. "Per molti anni sono stato bistrattato dai miei colleghi che mi considerano più un cabarettista". Ma rivendica la scelta: "ho scritto una poesia che si chiama Vado a capo a cazzo, per dire, ragazzi, lo ammetto, ma ho bisogno di questa cosa".Nel tempo la sua scrittura è evoluta. Se prima scriveva "una poesia in tre minuti", oggi può impiegare "quattro o cinque giorni". Il processo creativo rimane misterioso: immagina "una specie di portale" che si apre imprevedibilmente. "Succede quando mi succedono cose, cose belle ma spesso anche brutte, lutti".Internet ha rivoluzionato la sua comunicazione. "Il grande passo è stato il blog" nel 2004-2005. "Mi sono detto che scrivo una poesia sul mio blog e potenzialmente il Papa può leggerla". I social hanno amplificato questa possibilità, anche se oggi "mi diverto meno" per i costi promozionali e il clima conflittuale.Curiosamente usa ancora un Nokia 3310: "Sono pigro e non ho voglia di passare allo smartphone", anche se ammette che presto dovrà cedere per praticità.La carriera live è stata fondamentale. Ha fatto "230-240 spettacoli all'anno, tutto da solo", viaggiando in treno con un trolley di libri. "È stata una gavetta incredibile", contrapposta agli artisti attuali che "partono da 0 a 100 in pochissimi secondi".Bukowski è stato un maestro: "mi ha fatto capire che esiste una poesia diversa". Recentemente ha creato "Catalano versus Bukowski", riscoprendo l'aspetto comico del poeta americano.In attesa del figlio, riflette sui rischi creativi. La sua agente lo avverte: "stai attento" nel scrivere sulla paternità. Il pericolo è la banalità: "cadere nella banalità scrivendo d'amore è facilissimo".Per ora legge libri di puericultura, "non per diventare esperto ma perché mi fa star bene". E conclude con il suo umorismo: "diventerò un grandissimo puericultore e scriverò libri su questo, poi diventerò ricco". L'autoironia, marchio di trent'anni di carriera, resiste anche alla trasformazione più grande della sua vita.

    続きを読む 一部表示
    47 分

Torino e Culturaに寄せられたリスナーの声

カスタマーレビュー:以下のタブを選択することで、他のサイトのレビューをご覧になれます。