エピソード

  • Il colcos di Pocaterra da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    2025/11/15
    Marzo 1950

    Tonini è un contadino padovano di una quarantina d'anni.
    Parla con quel dialetto stretto che usano nelle campagne venete e, anche quando si esprime in italiano, pronuncia le parole con una cadenza canterellante.
    È seduto sul muricciolo dinanzi al magazzino del consorzio a Borgo Sabotino, uno dei sedici borghi dell'Agro Pontino, che porta come tutti gli altri il nome di un campo di battaglia dell'altra guerra.
    Sono con lui altri quattro coloni tutti veneti.Borgo Sabotino è a pochi chilometri dalla costa e possiede una spiaggia frequentata d'estate dalle famiglie degli impiegati di Latina con cui è collegato da una corriera che passa puntualmente alle nove e alle quattordici.
    È il centro sociale della zona dove la domenica vengono dai poderi vicini i coloni a riempire le due osterie e a vedere il cinema: vi sono la chiesa, il mulino e cinque case costruite alla maniera di quelle di Latina.
    Ma qui la campagna e la presenza dei coloni fa sentire il pulsare di una vita.
    Qui, nel 1934, quando le case erano ancora fresche di calce, furono trasferiti direttamente dai loro paesi Tonini e gli altri coloni.
    Ma, dopo sedici anni, si sentono ancora estranee, come delle piante sradicate che non abbiano affondato completamente le nuove radici.
    Il fascismo tentò nell'Agro, fino al 1941, un vero e proprio esperimento di collettivizzazione agricola.
    «Era una specie di colcos», dice Nardin per rendere l'idea.«Ma noi non siamo fatti per i colcos».

    Luoghi narranti narrati o citati: Borgo Sabotino - Latina - Anzio - Aprilia - Borgo Piave - Sabaudia - Pontinia - Pomezia

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    “Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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    21 分
  • Le tarme da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    2025/11/14
    In nessun luogo come a Roma, forse, si lanciano dalle finestre, dalle terrazze, dai tetti, al finire dell'anno, tanti oggetti, che, fracassandosi sui selciati, simboleggiano il male, e il massimo dei mali: il tempo.
    Non li si gettano con la distaccata abitudine rituale di altrove, ma come una specie di ferocia diretta e quasi di personale violenza, che non si sa se sia rivolta piuttosto contro gli oggetti stessi che vengono lanciati, o la terra su cui precipitano, o gli immaginari nemici sconosciuti che si fantasticano esistere per le strade, o il gesto solo di lanciarli, o se stessi; o (forse perché si scelgono per questo uso oggetti non più nuovi, già segnati dal tempo, piatti fessurati, bicchieri incrinati, bottiglie vuote, mobili tarlati: cose tutte, almeno in parte, già morte, o vecchie, che devono come gli anziani, i padri e le madri di certe tribù selvagge, essere scaraventati dal tetto) con una ferocia che nasce altro che da una forma magica di amore.

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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    12 分
  • Incontri in Calabria da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    2025/11/14
    Gennaio 1950

    La stazione Le tappe del mio viaggio nel Crotonese sono contrassegnate dalle lunghe soste alle stazioncine disseminate lungo la ferrovia.
    Mi passano dinanzi agli occhi le facce del capostazione di Cassano, di quello di Pietrapaola e di quello di Strongoli.
    Bisognerebbe scrivere la storia di questi eremiti moderni.
    D'inverno un vento forte che viene dal mare batte le costruzioni isolate e sembra stia sempre per strapparle via, di peso, rotolandole lungo le gobbe del terreno.
    D'estate il sole cade a picco, le inchioda mentre, intorno, tutto è terra bruciata e le selci bianche, tra le traverse dei binari, rimandano splendori allucinanti.
    Qui vivono per anni il capostazione, l'applicato, il manovale, tutti i giovani che cominciano la carriera. Il cappello, con fregio dorato e la cupola rossa, è appeso a un chiodo sotto il vecchio orologio.
    La moglie del capostazione, la sera, rammenda i calzini con il filo di un grosso gomitolo nero, sotto il lume a petrolio che sostituisce la luce elettrica che spesso manca.

    Luoghi narranti narrati o citati: Cassano (Allo Ionio) - Pietrapaola - Strongoli - Crotone - Sibari - San Nicola dell’Alto - Taranto - Catanzaro - Reggio Calabria

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    27 分
  • Sostanza e accidente da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    2025/11/13
    Ci sono al mondo delle cose che appaiono meravigliose, tanto più quanto lontane dalla nostra abituale esperienza; e che, per via delle coincidenze, o permanenze, e accostamenti tanto evidenti quanto imprevedibili, fanno chiara la verità.
    Venerdì scorso avevo passato gran parte del pomeriggio immerso nei libri di Stendhal, occupato come ero a finire urgentemente un saggio-prefazione per la traduzione di “Roma, Napoli e Firenze”: uscito poi di casa, tutto pieno l'animo e la mente di quelle sue folgoranti considerazioni italiane, delle sue immagini di questa terra così amata, fatta di passione di energia sublime e di naturalezza sotto l’estranea crosta del passato, di questa patria sua e nostra di uomini veri e vivi e di governi anacronistici, mi avvenne di trovarmi in Piazza del Popolo (in questa piazza che a Stendhal non piaceva) mentre vi si svolgeva l'ultimo comizio: e mi trovai, come per un miracolo, fisicamente avvolto in questo mondo di centocinquanta anni fa.

    Luoghi narranti narrati o citati: Piazza del Popolo

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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    11 分
  • Dopo la festa da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    2025/11/12
    Così, le Olimpiadi sono finite, e anche Roma ritorna alla vita di ogni giorno, come tutte le città e i villaggi e le campagne, dove non c'è stata, dove non c'è mai vacanza dal lavoro e dal bisogno. I giochi sono stati uno spettacolo bellissimo da ogni punto di vista: colori di pace, bandiere, forza, giovinezza, affascinante misura della potenza ai limiti dell'uomo.
    Sono stati uno spettacolo così bello, che perfino i vecchi romani impenetrabili, queste tartarughe catafratte, queste lucertole sui loro muri incrostati di tempo, hanno finito per interessarsene.
    Uno di questi vecchi diceva, al caffè, il primo giorno, al principio dei giochi: «’Sta fiaccola, ma ‘sta fiaccola che è? Io vorrebbe essere Nerone, che ce ne avessi mille de ‘ste fiaccole pe da’ foco a tutto».
    Ma già un altro vecchio gli replicava che «’Sta fiaccola gli aveva fatto sentire ‘na cosa qui», a vedere quei giovani che «facevano puro 10 chilometri all'ora» e si davano il cambio, sul Corso, a portarla correndo come il vento.

    Luoghi narranti narrati o citati: Corso - Arco di Costantino - Via dell’Impero - Obelisco di Axun (era prospiciente il Circo Massimo ma fu restituito all'Etiopia) - Castel Sant’Angelo - Monte Mario - Albergo Hilton - Via Olimpica - Viadotto di Nervi - Villaggio Olimpico - Palazzo dello Sport - Palazzetto dello Sport - Velodromo

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    14 分
  • La gerarchia del latifondo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    2025/11/12
    Gennaio 1950

    A Isola Capo Rizzuto è possibile cogliere l'articolazione sociale ed economica del latifondo calabrese, scrutare gli intricati rapporti che legano gli uomini alla terra.
    Qui la proprietà non ha subito nessuna di quelle frane che si sono verificate in altri paesi del Crotonese, ed è ancora legata ai vecchi nomi baronali dei Baracco, dei Berlingieri, dei Galluccio, dei Gaetani, che continuano a governare da secoli con i loro scrivani, i loro tavoli tarlati, i vecchi registri polverosi.
    Isola Capo Rizzuto dista venti chilometri da Crotone, ma è come se fosse distante da ogni centro civile.
    È veramente un'isola in un mare di terra desolata, che si estende monotona allo sguardo, interrotta solo darà dei piantagioni di olivi e da boschetti di alberi infruttiferi davanti a cui è posto un cartello: «Divieto di caccia».
    Queste tre parole sono le uniche scritte che si leggono insieme con le lettere DDT marcate sulle porte delle case, per le strade che portano i paesi del Crotonese. I boschetti, come le grandi tenute di Oliveto della Portella del barone Galluccio o quella di Policoro del barone Berlingieri, sono riservati alla caccia.
    Presso Isola il barone Baracco possiede un bosco dove è ancora possibile incontrare dei danni.
    La caccia è, in realtà, l'unica passione della nobiltà calabrese.

    Luoghi narranti narrati o citati: Isola Capo Rizzuto - Crotone - Oliveto della Portella - Policoro - Strongoli - Cutro - Melissa - Sila - San Giovanni in Fiore

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    24 分
  • Un paese solitario da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    2025/11/11
    Dicembre 1949

    Le stazioni della linea ferroviaria Sibari-Crotone portano i nomi di paesi invisibili, nascosti fra le curve dell'Altopiano.
    Pietrapaola è una di questi paesi, a sessanta chilometri da Crotone, e la sua stazione è uno dei tanti piccoli dadi disseminati lungo la ferrovia in aperta campagna, di fronte al mare deserto da cui i gabbiani volano a volte fino a terra a mescolarsi coi passeri.
    Qualche casamatta in cemento armato, colle occhiaie vuote di cannone, e qualche fosso anti sbarco testimoniano che qui durante la guerra c'erano stati degli uomini.
    Ora la campagna è deserta come il mare, senza una casa.Solo qua e là la terra, coperta di stoppie, cambia di colore seguendo il lento cammino di coppie solitarie di buoi.
    Finiscono qui le terre dei Barraco, dei Berlingeri e dei Galluccio per cominciare quelle di Pietrapaola.
    Sono l'unico viaggiatore che scende alla stazione di Pietrapaola.
    Non c'è nessun mezzo di trasporto per salire al paese. Il capostazione, il manovale e un oste che vende il vino per i braccianti che lavorano sulla ferrovia mi si fanno incontro con meraviglia. Nessuno ha neppure un carretto.
    Solo il postino dispone di un vecchio asino che sta caricando con il sacco della posta e una cassa che è arrivata per il prete.
    Mi rivolgo a lui per chiedergli se può procurarmi almeno un asino per il viaggio.
    È un giovane basso e magro, vestito come una giacca di velluto verde e un paio di pantaloni stinti.
    Mi risponde con un sorrisetto che anche con un asino non sarà possibile arrivare al paese prima del tardo pomeriggio.
    E siamo appena alle undici di mattina.

    Luoghi narranti narrati o citati: Pietrapaola - Crotone - Stazione di Pietrapaola - Mandatoriccio - Tarsia - Rossano

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  • Un bambino che vola da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    2025/11/11
    Sotto il sole tardo dell'estate, anche la vecchia faccia di Roma è cambiata.
    Allegri e bandiere si muovono al vento, e le insegne, o gli stemmi, le bande, le strisce, le stelle, le falci, i martelli, i soli, le mezze lune, i colori di tutte le nazioni; e un popolo di atleti si accampa, alcuni bellissimi, i campioni armoniosi e sereni, molti comuni gli aspetto, simili agli uomini di tutti i giorni, altri in qualche modo condizionati nella forma agli esercizi in cui eccellono, corpi lisci di pesci, teste rotonde, colli di tori o di tartarughe, farfalle, grilli, giraffe, giganti e nani; visi lucenti, visi calmi, o nervosi e tesi; occhi azzurri e occhi neri; fogge di ogni paese; così come essi sono, grandi e piccoli, superbi e modesti, i migliori della terra.
    Tutto è stato detto, in questi giorni, delle Olimpiadi: del bene e del male, delle glorie e delle speculazioni, del valore e dei vani discorsi, dello sport e degli affari, della pace e della retorica.
    Ma questo popolo variopinto e robusto che è passato di qui, che cosa ha lasciato?
    Alcune immagini che toccano il cuore e la fantasia: l'apparizione fisica e visibile della felicità.

    Luoghi narranti narrati o citati: Palazzo dello Sport

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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    14 分