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サマリー
あらすじ・解説
La riflessione di questa domenica si incentra sul Vangelo della II Domenica di Pasqua (Domenica della Divina Misericordia), che ci presenta l'apparizione di Gesù Risorto ai discepoli nel cenacolo e l'episodio dell'incredulità di Tommaso (Gv 20,19-31). L'omelia si apre con un ricordo commosso di Papa Francesco, recentemente scomparso, affidato alla misericordia divina con gratitudine per il suo ministero pastorale.
Il testo evangelico ci porta nel cenacolo, dove i discepoli si erano barricati per paura dopo la crocifissione. È qui che si manifesta un elemento teologico fondamentale: Cristo risorto penetra attraverso le porte chiuse, simbolo potente che ci rivela come nessuna barriera - fisica, emotiva o spirituale - possa impedire al Signore di raggiungerci. L'analisi esegetica evidenzia il parallelo tra quelle porte sbarrate e le "porte blindate" che ciascuno di noi erige: ferite, rimpianti, peccati.
Particolarmente significativa è l'esegesi delle prime parole del Risorto: "Pace a voi". Non si tratta di un semplice saluto, ma del dono pasquale per eccellenza, la pace che solo Cristo può offrire, una pace che scaturisce dalla vittoria sulla morte. Il Signore non porta accuse né pretende spiegazioni, ma offre la sua pace come medicina per la paura.
L'omelia sviluppa poi una profonda meditazione sulle ferite di Cristo. Il Risorto non le nasconde, ma le mostra come segno supremo d'amore. Queste ferite trasfigurate, non cancellate, diventano "sorgenti di vita", richiamando il legame teologico con l'acqua e il sangue sgorgati dal costato trafitto (Gv 19,34), simboli dei sacramenti che generano la Chiesa.
L'episodio di Tommaso viene interpretato come paradigma dell'itinerario di fede di ogni credente: dal dubbio alla professione di fede più alta del Vangelo ("Mio Signore e mio Dio"). La sua esperienza ci insegna che la fede cristiana non è adesione a un'idea astratta ma incontro con una Persona vivente. Il testo sottolinea come Gesù non respinga né umili Tommaso, ma lo inviti con pazienza al contatto diretto con le sue ferite.
La riflessione si conclude con un'applicazione pastorale: nel contesto della Domenica della Divina Misericordia, siamo chiamati a riconoscere nelle ferite di Cristo il luogo dove la nostra fragilità incontra la misericordia divina. L'invito finale a "non avere paura" di aprirsi, credere e amare riecheggia il magistero di San Giovanni Paolo II e ci ricorda che anche una fede piccola e fragile può generare vita nuova quando si lascia incontrare dal Risorto.
Il testo evangelico ci porta nel cenacolo, dove i discepoli si erano barricati per paura dopo la crocifissione. È qui che si manifesta un elemento teologico fondamentale: Cristo risorto penetra attraverso le porte chiuse, simbolo potente che ci rivela come nessuna barriera - fisica, emotiva o spirituale - possa impedire al Signore di raggiungerci. L'analisi esegetica evidenzia il parallelo tra quelle porte sbarrate e le "porte blindate" che ciascuno di noi erige: ferite, rimpianti, peccati.
Particolarmente significativa è l'esegesi delle prime parole del Risorto: "Pace a voi". Non si tratta di un semplice saluto, ma del dono pasquale per eccellenza, la pace che solo Cristo può offrire, una pace che scaturisce dalla vittoria sulla morte. Il Signore non porta accuse né pretende spiegazioni, ma offre la sua pace come medicina per la paura.
L'omelia sviluppa poi una profonda meditazione sulle ferite di Cristo. Il Risorto non le nasconde, ma le mostra come segno supremo d'amore. Queste ferite trasfigurate, non cancellate, diventano "sorgenti di vita", richiamando il legame teologico con l'acqua e il sangue sgorgati dal costato trafitto (Gv 19,34), simboli dei sacramenti che generano la Chiesa.
L'episodio di Tommaso viene interpretato come paradigma dell'itinerario di fede di ogni credente: dal dubbio alla professione di fede più alta del Vangelo ("Mio Signore e mio Dio"). La sua esperienza ci insegna che la fede cristiana non è adesione a un'idea astratta ma incontro con una Persona vivente. Il testo sottolinea come Gesù non respinga né umili Tommaso, ma lo inviti con pazienza al contatto diretto con le sue ferite.
La riflessione si conclude con un'applicazione pastorale: nel contesto della Domenica della Divina Misericordia, siamo chiamati a riconoscere nelle ferite di Cristo il luogo dove la nostra fragilità incontra la misericordia divina. L'invito finale a "non avere paura" di aprirsi, credere e amare riecheggia il magistero di San Giovanni Paolo II e ci ricorda che anche una fede piccola e fragile può generare vita nuova quando si lascia incontrare dal Risorto.