• Omelia del GIOVEDI SANTO (MESSA COENA DOMINI)

  • 2025/04/17
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Omelia del GIOVEDI SANTO (MESSA COENA DOMINI)

  • サマリー

  • La riflessione del Giovedì Santo esplora la profondità teologica e spirituale della Messa in Coena Domini, focalizzandosi sulla pericope giovannea della lavanda dei piedi (Gv 13,1-15) come chiave ermeneutica dell'intero mistero pasquale. L'omelia sviluppa un'esegesi accurata dell'espressione "li amò fino alla fine" (eis telos), evidenziandone la dimensione di totalità e compimento che caratterizza l'agire di Cristo. La narrazione evangelica viene analizzata attraverso la categoria teologica dello "scandalo" (skandalon), inteso nel suo significato etimologico di "inciampo": la rivelazione di un Dio che si spoglia e si abbassa rappresenta infatti una sovversione radicale delle categorie religiose tradizionali. L'esegesi si sofferma sui gesti di Gesù - alzarsi, deporre le vesti, cingersi di un asciugamano - interpretandoli come linguaggio simbolico che prefigura il mistero pasquale di abbassamento e innalzamento. Particolarmente significativa è l'analisi dell'opposizione tra la mentalità di Pietro e la kenosis di Cristo: il rifiuto dell'apostolo ("Tu, Signore, lavare i piedi a me?") viene letto come resistenza all'autosvuotamento divino, in una prospettiva che richiama la teologia paolina dell'inno ai Filippesi. L'omelia evidenzia come questo episodio costituisca non solo un esempio morale, ma una vera "rivoluzione teologica" che rivela la natura più intima del Dio cristiano in contrasto con le concezioni religiose del tempo. Il testo sviluppa inoltre un'ecclesiologia eucaristica, ponendo in stretta correlazione la lavanda dei piedi e l'istituzione dell'Eucaristia: due gesti che, pur narrati separatamente nei vangeli sinottici e in Giovanni, costituiscono un'unica realtà sacramentale. Questa lettura si inserisce nella tradizione patristica che vede nell'Eucaristia e nel servizio le due dimensioni inseparabili dell'unico mistero pasquale. Teologicamente densa è l'interpretazione dell'apparente paradosso contenuto nel versetto iniziale ("sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani... si alzò da tavola"): l'abbassamento di Cristo viene presentato non come negazione della sua divinità, ma come sua piena manifestazione, in una prospettiva che richiama la cristologia dell'innalzamento tipica del quarto vangelo. L'omelia si conclude con un'attualizzazione esistenziale che invita a riscoprire la doppia dinamica del mistero pasquale: lasciarsi amare per poter amare, lasciarsi servire per poter servire, in un movimento che trasforma la liturgia celebrata in liturgia vissuta.
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あらすじ・解説

La riflessione del Giovedì Santo esplora la profondità teologica e spirituale della Messa in Coena Domini, focalizzandosi sulla pericope giovannea della lavanda dei piedi (Gv 13,1-15) come chiave ermeneutica dell'intero mistero pasquale. L'omelia sviluppa un'esegesi accurata dell'espressione "li amò fino alla fine" (eis telos), evidenziandone la dimensione di totalità e compimento che caratterizza l'agire di Cristo. La narrazione evangelica viene analizzata attraverso la categoria teologica dello "scandalo" (skandalon), inteso nel suo significato etimologico di "inciampo": la rivelazione di un Dio che si spoglia e si abbassa rappresenta infatti una sovversione radicale delle categorie religiose tradizionali. L'esegesi si sofferma sui gesti di Gesù - alzarsi, deporre le vesti, cingersi di un asciugamano - interpretandoli come linguaggio simbolico che prefigura il mistero pasquale di abbassamento e innalzamento. Particolarmente significativa è l'analisi dell'opposizione tra la mentalità di Pietro e la kenosis di Cristo: il rifiuto dell'apostolo ("Tu, Signore, lavare i piedi a me?") viene letto come resistenza all'autosvuotamento divino, in una prospettiva che richiama la teologia paolina dell'inno ai Filippesi. L'omelia evidenzia come questo episodio costituisca non solo un esempio morale, ma una vera "rivoluzione teologica" che rivela la natura più intima del Dio cristiano in contrasto con le concezioni religiose del tempo. Il testo sviluppa inoltre un'ecclesiologia eucaristica, ponendo in stretta correlazione la lavanda dei piedi e l'istituzione dell'Eucaristia: due gesti che, pur narrati separatamente nei vangeli sinottici e in Giovanni, costituiscono un'unica realtà sacramentale. Questa lettura si inserisce nella tradizione patristica che vede nell'Eucaristia e nel servizio le due dimensioni inseparabili dell'unico mistero pasquale. Teologicamente densa è l'interpretazione dell'apparente paradosso contenuto nel versetto iniziale ("sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani... si alzò da tavola"): l'abbassamento di Cristo viene presentato non come negazione della sua divinità, ma come sua piena manifestazione, in una prospettiva che richiama la cristologia dell'innalzamento tipica del quarto vangelo. L'omelia si conclude con un'attualizzazione esistenziale che invita a riscoprire la doppia dinamica del mistero pasquale: lasciarsi amare per poter amare, lasciarsi servire per poter servire, in un movimento che trasforma la liturgia celebrata in liturgia vissuta.

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