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Libri Rivoluzionari

Libri Rivoluzionari

著者: Elide Pantoli
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このコンテンツについて

Hai voglia di idee nuove, ma il tempo per lettere è sempre poco? Sono la tua lettrice personale di saggi rivoluzionari. Mi occupo io di scovarli e di riassumerli, per aiutarti ad allenare la mente senza sbattimenti.Elide Pantoli アート 文学史・文学批評 社会科学
エピソード
  • Ep. 4: La rivoluzione sarà una festa (o non sarà affatto)
    2025/12/14
    Ho una convinzione semplice, forse ingenua: la rivoluzione dovrebbe assomigliare a una grande festa. Il lavoro di cambiare il mondo dovrebbe essere gratificante, energizzante e, sì... gioioso di per sé. Non solo perché “le persone felici reclutano di più”, ma perché se la nostra politica porta solo stress e rigidità, per cosa stiamo combattendo?

    Ma siamo onesti. Molti ambienti radicali non assomigliano per nulla a una festa gioiosa.Conoscete quell’atmosfera. L’aria è densa di regole non dette. Tutti sanno di dovere stare attenti a quello che dicono, e controllano mentalmente gli altri alla ricerca del più piccolo sbaglio politico. Tutti pensano di avere tutte le risposte giuste e se qualcuno la pensa diversamente…si sta semplicemente sbagliando. E in tutto ciò il divertimento sembra un ricordo lontano e intriso di senso di colpa.

    Ma la cultura della liberazione è davvero questa?Vivere sotto il capitalismo è già abbastanza estenuante e stressante, e la lotta per un mondo migliore non dovrebbe aggiungere stress e stanchezza. Anche se la missione è giusta, l’atmosfera è completamente sbagliata.

    Questo è da anni uno dei grandi crucci della mia esistenza (e il motivo per cui ho ghostato vari gruppi in passato). Quindi, quando mi sono imbattuta nel libro “Joyful Militancy: Building Thriving Resistance in Toxic Times”, ero carichissima. Finalmente! Qualcuno parlava di ciò che sentivo da tempo. Gli autori Nick Montgomery e Carla Bergman sostengono che un attivismo rigido e ansioso non è un segno di dedizione; è il segno che qualcosa non va. La vera libertà non dovrebbe renderti infelice.

    E sono convinta da molto tempo che il “fattore divertimento” (o la sua mancanza, diciamo) non sia una nota a margine del discorso sulla sinistra radicale. Credo sia invece una questione di sopravvivenza. Se i nostri movimenti non riescono a far sentire le persone più vive, connesse e potenti... perché mai qualcuno dovrebbe rimanerci?

    Questo libro è come una guida per arieggiare quelle stanze soffocanti e ricordare come giocare, sperimentare e sostenersi di nuovo. Tuffiamoci in questi appunti e parliamo di come rendere i nostri spazi luoghi in cui le persone abbiano davvero voglia di (re)stare.Da notare che questo libro è talmente tanto pieno di spunti interessanti che sono stata costretta a dividere il contenuto in due newsletter, entrambe dense di contenuto!

    INDICE
    1. L’analisi del radicalismo rigido:
    • Da dove viene? Una discussione sul senso di colpa religioso, il patriarcato e il cinismo.
    • Alcuni aspetti del radicalismo rigido. L’attivismo deve per forza essere un triste dovere?
    1. Militanza Gioiosa: Riconquistare la Nostra Scintilla
    • Il Potere delle Emozioni. L’Impero funziona diffondendo le nostre emozioni. Ci viene detto che la nostra felicità individuale (raggiunta consumando) è il nostro obiettivo principale, un anestetico che intorpidisce e una trappola isolante.
    • Il Potere della Gioia. La gioia è un senso di potenza accresciuta, raggiunta collettivamente, e ci fa sentire più vivi e connessi.
    • Chi è un Militante? Non il guerriero maschile solitario. Significa semplicemente “disposto a lottare”. Si tratta di collegare la lotta con l’affetto, con la cura, con l’amore.
    • La Militanza Gioiosa in Pratica. La militanza gioiosa è la pratica del diventare capaci di cose nuove, insieme. È un processo basato sulla cura e sulla creatività. Un atto quotidiano di lottare per la fioritura altrui, e realizzare che stiamo lottando anche per noi stessi, perché siamo tutti connessi.
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    19 分
  • Ep. 3: Donne palestinesi: una storia di attivismo tra nazionalismo, società e religione
    2025/12/07
    Quando pensiamo al femminismo, spesso ci viene in mente un’idea fissa, un modello unico di lotta e di obiettivo finale (generalmente quello imposto dal mondo Occidentale). Ma la verità è molto più ricca e varia. Il patriarcato – il sistema di oppressione delle donne – ha mille volti diversi, a seconda della cultura, della storia e del contesto in cui si radica. Di conseguenza, anche il femminismo, la lotta per liberarsene, assume forme differenti in tutto il mondo.

    Un altro pregiudizio diffuso è quello di credere che tutto ciò che accade al di fuori del cosiddetto “Nord globale” sia arretrato, e che le donne in contesti arabi-islamici siano inevitabilmente vittime passive, oppresse e private di ogni potere. È un’immagine che infantilizza e cancella la loro agency, cioè la capacità di agire e lottare in prima persona. Ma fuori dagli spazi egemonici occidentali, le donne gridano da tempo: non abbiamo bisogno di essere salvate. Siamo perfettamente capaci di autodeterminare la nostra liberazione.

    E non sarebbe molto più bello, invece di pensare “Non preoccupatevi, ci siamo noi a salvarvi”, metterci davvero ad ascoltare le donne in contesti diversi? Partendo non da un’idea di superiorità, ma dalla convinzione che tutte possiamo imparare dalle lotte di tutte. Ogni movimento femminista ha la sua storia, le sue strategie, le sue vittorie e le sue sconfitte. Dobbiamo imparare a fidarci delle esperienze altrui, riconoscendo che non esiste un femminismo “giusto” in assoluto, ma tanti femminismi necessari.

    E qual è il primo passo per un ascolto vero, se non quello di capire la storia femminista di altri Paesi? È da qui che nasce l’importanza essenziale del libro “Questa terra è donna - Movimenti femminili e femministi Palestinesi” di Cecilia Dalla Negra (che ho divorato, nonostante sia un testo davvero denso!).

    Il femminismo palestinese ha tantissimo da insegnare a tutto il mondo. La sua lotta è stata, e continua a essere, di una difficoltà estrema, e proprio per questo abbiamo molto da imparare sia dalle sue sconfitte che dai suoi successi.

    Le donne palestinesi hanno scritto pagine fondamentali per i femminismi globali, pagine che purtroppo non sono ancora state pienamente incluse nel racconto collettivo. Dobbiamo studiarle.

    Come sempre, in questo articolo non mi incarico di fare un riassunto completo del libro, ma di parlarvi delle cose che mi hanno colpita di più. Vi faccio leggere il libro attraverso i miei occhi.
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    29 分
  • Ep. 2: Perché le femministe devono smettere di fidarsi della polizia
    2025/12/01
    "Chiudi gli occhi e immagina il momento della tua vita in cui ti sei sentita più al sicuro. Vedi la polizia intorno a te?"

    Quando ho letto per la prima volta questa domanda nel libro di Leah Cowan, "Why would feminists trust the police?", mi sono fermata. Ho setacciato i miei ricordi, i momenti di pace profonda, di sicurezza assoluta. E non ho visto poliziotti. Non ho visto prigioni né azioni militari. Quello che ho visto è stata una comunità di persone che si prendevano cura di me, che mi amavano. Ho visto una stanza accogliente, volti familiari e la sensazione di essere supportata e benvoluta. E ho come la sensazione che anche tu abbia visto qualcosa di simile.

    Allora perché, quando le nostre esperienze più profonde ci dicono che la sicurezza si costruisce attraverso le connessioni e la cura, la nostra società insiste nel dirci che la vera protezione viene da gabbie e manette?Questa è la domanda centrale e urgente che Cowan affronta.

    Sebbene il suo libro sia saldamente radicato nel contesto britannico, tracciando la storia del movimento femminista nel Regno Unito e i continui ostacoli creatigli dalla polizia, le sue conclusioni sono universali. Il fallimento del sistema carcerario nel fornire una sicurezza genuina è una verità globale.

    In questo episodio, mi concentrerò sulle idee più ampie del libro riguardanti il femminismo carcerario, l'abolizionismo della polizia e la costruzione di alternative reali—idee che risuonano potentemente in tantissimi contesti diversi. Perché la visione che Cowan offre non è una di assenza, ma di presenza. È la visione di quella stessa comunità che hai visto quando hai chiuso gli occhi.
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    17 分
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