エピソード

  • Non tutto si misura: quando intuizione, intelligenza e immaginazione battono la burocrazia
    2025/10/14

    Hai presente quel momento in cui ti ritrovi a far compagnia ai tuoi pensieri in un parcheggio impossibile, mentre la vita vera accade qualche piano più su? Da lì parte un viaggio senza fronzoli dentro due modi opposti di affrontare i problemi: da un lato il metodo empirico, fatto di osservazione, anamnesi, valutazione e catene causa-effetto; dall’altro le doti umane che non entrano nei moduli — intelligenza che legge tra le righe, intuizione che unisce puntini invisibili, immaginazione che apre strade dove non sembrano esistere.

    Racconto perché i processi lineari sono indispensabili per non perdersi, ma spesso non bastano per fare “il salto”. Ci addentriamo nelle pieghe della complessità, dove chiamiamo “fortuna” ciò che è un incastro di eventi e preparazione, dove la creatività batte la burocrazia, e dove alcune persone sembrano avere “il tocco”: capacità di chiudere vendite, muovere relazioni, leggere i segnali deboli e adattarsi quando il piano salta. Parliamo anche di percorsi non lineari verso il potere e i risultati visibili — dagli outsider che saltano la trafila classica ai leader che manipolano sistemi complessi — senza cadere nel mito del genio solitario né nell’illusione che basti una checklist.

    Il filo rosso è scomodo ma onesto: uno non vale uno. Le doti non sono distribuite allo stesso modo, e riconoscerlo non è rassegnazione, è lucidità. Possiamo però allenare il terreno dell’intuizione: più osservazione, più varietà di esperienze, più silenzio operativo per connettere segnali. Tra Sanremo, un ospedale e una manciata di esempi concreti, proviamo a capire come tenere insieme metodo e visione, misure e senso, procedure e scorciatoie etiche. Se ti interessa capire perché alcuni vedono opportunità dove altri vedono muri, premi play, iscriviti al podcast e raccontami la tua scorciatoia preferita nei commenti.

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    24 分
  • YouTube, algoritmi e l’illusione della community
    2025/10/13

    Ti sei mai accorto di quante volte chiediamo al web qualcosa che il web non può dare? In questo episodio mettiamo a nudo il cortocircuito tra creator, piattaforme e pubblico: l’algoritmo come unico vero cliente, i like come valuta che non compra amore e l’illusione che “community” significhi affetto garantito. Partiamo da YouTube come anti-TV, attraversiamo l’uso superficiale dell’intelligenza artificiale e arriviamo al punto cieco di molti progetti: ottimizzare per il feed invece che per le persone.

    Raccontiamo perché basare il proprio Piano A sull’umore di una piattaforma è pericoloso, come la ricerca spasmodica di performance spinga a titoli estremi e contenuti usa e getta, e cosa succede quando l’informazione diventa routine di produzione più che cura del vero. Con tono diretto e senza giri di parole, mettiamo al centro due valute incompatibili: i soldi, che si misurano, e l’amore, che non si compra né si vende. Da qui, alcune proposte concrete: costruire asset propri, diversificare i ricavi, ritrovare una misura umana nella relazione col pubblico e chiedere alla tecnologia ciò che sa fare, non ciò che sogniamo che faccia.

    Se ti muovi tra video, newsletter, social e analytics, troverai spunti pratici e una domanda scomoda ma utile: stai lavorando per l’algoritmo o per qualcuno in carne e ossa? Ascolta, condividi con un amico che crea contenuti e lascia una recensione: la tua esperienza può aiutare altri a scegliere meglio dove mettere tempo, energia e dignità.

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    17 分
  • Il pendolo della vita e la lucidità crudele dell’umorismo
    2025/10/09

    Una sala d’attesa, tre giorni di influenza, una città stretta tra mare e colline: da qui parte un viaggio diretto e senza fronzoli su come l’ironia può salvarci quando la vita chiede troppo. Racconto ciò che vedo e ciò che brucia: le corsie oncologiche, i “privilegi” amari del parcheggio da invalido, i tornanti di Imperia che diventano metafora del nostro pendolo interiore. Non offro consolazioni, ma strumenti: sarcasmo come distanza emotiva, umorismo nero come respirazione assistita, verità dette di lato per non spezzare l’osso.

    Mi fermo sul punto che di solito evitiamo: scavare quando si è già in valle. È seducente, sembra azione, ma ci ricopre. L’alternativa è più sobria: restare, respirare, preparare la risalita. Come nell’immersione, i primi metri resistono, poi la pressione spinge giù; l’arte sta nel dosare profondità e aria. Qui l’ironia è pratica, non posa: non la battutina, non il ballo fuori tempo, ma il gesto che sposta il peso quel tanto che basta a non franare. Smonto anche un mito duro: il dolore non rende migliori per grazia; a volte rende lucidi. Quella lucidità, se ben usata, alimenta un umorismo preciso che vede le contraddizioni e le mette in scena senza crudeltà.

    Parlo della maschera: siamo attori e platea insieme. Il giullare storico poteva dire la verità al re; oggi il nostro giullare interiore ci concede parole che altrimenti non reggeremmo. È una licenza che protegge, apre varchi, impedisce al melodramma di prendere il comando. Se ti riconosci in questi saliscendi, se hai sentito il richiamo dello scavo, prova a usare l’ironia come segnavia: quando è limpida, stai ancora scegliendo; quando punge troppo, fermati e ricalibra. Qui non ci sono ricette, solo un modo onesto di stare nelle cose.

    Se ti ha parlato, condividilo con chi sta attraversando una valle, iscriviti per non perdere i prossimi episodi e lasciami una recensione con il momento che ti ha colpito di più: dove sei oggi, in salita o in discesa?

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    23 分
  • Se la razionalità crea perdenti, serve coraggio più che matematica
    2025/10/07

    A volte sappiamo che stiamo facendo la cosa sbagliata e continuiamo lo stesso. Non è masochismo: è struttura. Partiamo da Nash per svelare perché l’interesse personale, senza coordinamento, genera stalli che premiano la mediocrità e puniscono chi prova a migliorare da solo. Dal dilemma del prigioniero ai casi reali, mostriamo come pubblicità ridondante, politiche sul clima, meeting rituali, uso compulsivo dell’AI e performance per gli algoritmi siano facce diverse della stessa gabbia: nessuno può cambiare strategia da solo senza rimetterci, quindi tutti restano fermi.

    Apriamo la cassetta degli attrezzi con parole semplici e esempi diretti: cosa dice davvero l’equilibrio di Nash, perché la sua prova matematica non basta a indicarci la via, e quali leve pragmatiche abbiamo per spostare il gioco. Parliamo di come si cambia un sistema con nuove regole (carbon tax, policy anti-meeting, standard di qualità), come si costruisce coordinamento vincolante che riduce l’incentivo a fare i furbi, e quando serve un atto “irrazionale” che assorbe il costo iniziale per creare un precedente. Dentro ci sono algoritmi che premiano l’estremo, team che confondono presenza con valore, e uffici dove la fretta traveste la superficialità da efficienza.

    Non ci fermiamo alla teoria: entriamo nelle relazioni, nella fiducia, nei segnali che modellano aspettative e comportamenti. Offriamo spunti concreti per ridurre rumore e premiare output utile, per usare l’AI con criterio invece che come stampella, per spezzare abitudini sterili e recuperare spazi di pensiero vero. Se ti riconosci in questi stalli e vuoi provare a piegare il gioco verso esiti migliori, questo è un invito a guardare oltre la gabbia e tentare la prima mossa. Seguici, condividi l’episodio con chi vive gli stessi blocchi e lascia una recensione: qual è l’equilibrio di merda che vuoi rompere per primo?

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    25 分