Se la razionalità crea perdenti, serve coraggio più che matematica
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A volte sappiamo che stiamo facendo la cosa sbagliata e continuiamo lo stesso. Non è masochismo: è struttura. Partiamo da Nash per svelare perché l’interesse personale, senza coordinamento, genera stalli che premiano la mediocrità e puniscono chi prova a migliorare da solo. Dal dilemma del prigioniero ai casi reali, mostriamo come pubblicità ridondante, politiche sul clima, meeting rituali, uso compulsivo dell’AI e performance per gli algoritmi siano facce diverse della stessa gabbia: nessuno può cambiare strategia da solo senza rimetterci, quindi tutti restano fermi.
Apriamo la cassetta degli attrezzi con parole semplici e esempi diretti: cosa dice davvero l’equilibrio di Nash, perché la sua prova matematica non basta a indicarci la via, e quali leve pragmatiche abbiamo per spostare il gioco. Parliamo di come si cambia un sistema con nuove regole (carbon tax, policy anti-meeting, standard di qualità), come si costruisce coordinamento vincolante che riduce l’incentivo a fare i furbi, e quando serve un atto “irrazionale” che assorbe il costo iniziale per creare un precedente. Dentro ci sono algoritmi che premiano l’estremo, team che confondono presenza con valore, e uffici dove la fretta traveste la superficialità da efficienza.
Non ci fermiamo alla teoria: entriamo nelle relazioni, nella fiducia, nei segnali che modellano aspettative e comportamenti. Offriamo spunti concreti per ridurre rumore e premiare output utile, per usare l’AI con criterio invece che come stampella, per spezzare abitudini sterili e recuperare spazi di pensiero vero. Se ti riconosci in questi stalli e vuoi provare a piegare il gioco verso esiti migliori, questo è un invito a guardare oltre la gabbia e tentare la prima mossa. Seguici, condividi l’episodio con chi vive gli stessi blocchi e lascia una recensione: qual è l’equilibrio di merda che vuoi rompere per primo?