Occhi su Gaza, diario di bordo #78
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Secondo i dati raccolti dalle organizzazioni locali dal 10 ottobre, giorno dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, al 18 novembre, le violazioni documentate sono 393, con almeno 279 morti e più di 650 feriti. Nelle ultime ore si segnalano nuovi attacchi mentre le squadre umanitarie tentavano di raggiungere le famiglie rimaste isolate. Non è la rottura improvvisa di un accordo: è il logoramento quotidiano di una tregua che si incrina a piccoli colpi, fino a svuotare la parola “protezione”.
La Cisgiordania segue un copione diverso ma complementare. Nell’ultima settimana sono aumentate le aggressioni dei coloni, gli incendi alle proprietà palestinesi e gli arresti degli attivisti israeliani che accompagnano i contadini nella raccolta delle olive. Qui il cessate il fuoco non è mai arrivato: la marginalità del territorio nelle discussioni diplomatiche riflette una gerarchia del conflitto che si ripete da mesi.
Mentre nelle cancellerie si progettano le “fasi successive”, sul terreno l’unica fase identificabile è l’attesa. Le famiglie misurano il rischio metro dopo metro, gli operatori ripianificano ogni tragitto, e la tregua resta un confine fragile: un accordo che esiste sulle carte più di quanto riesca a esistere nella vita di chi dovrebbe protegge davvero.
#LaSveglia per La Notizia
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