
41-Viaggio intorno alla mia camera
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Indossai subito il mio abito da viaggio, dopo averlo esaminato con occhio compiaciuto; e fu allora che decisi di realizzare un capitolo ad hoc, per farlo conoscere al lettore. Poiché la forma e l’utilità di questi abiti sono in genere abbastanza noti, tratterò più particolarmente della loro influenza sullo spirito dei viaggiatori. Il mio abito da viaggio per l’inverno è fatto della più calda e morbida stoffa che mi sia stato possibile trovare; mi avvolge tutto quanto, da capo a piedi; e quando sto nella mia poltrona, con le mani in tasca e la testa affondata nel colletto dell’abito, assomiglia alla statua di Visnù senza piedi e senza mani, come si vede nelle pagode dell’India.
Volendo, si può tacciare di pregiudizio l’influenza sui viaggiatori che attribuisco agli abiti da viaggio; a riguardo, posso dire con certezza che far procedere di un solo passo il mio viaggio intorno alla mia camera, vestito della mia uniforme e con la spada al fianco, mi parrebbe ridicolo come uscire e andare in società in veste da camera.
Quando mi vedo così vestito, secondo ogni regola, non solo non sarei capace di continuare il mio viaggio, credo anche che non sarei in grado di leggere ciò che ho scritto fin qui, e meno ancora di capirlo.
Vi stupisce, forse? Non vediamo ogni giorno persone che si credono malate perché hanno la barba lunga? I vestiti hanno un’influenza tale sullo spirito degli uomini, che ci sono alcune persone cagionevoli di salute che pensano di stare molto meglio quando si vedono in abito nuovo e parrucca incipriata; vedete che, così agghindati, ingannano la gente e se stessi; - un bel mattino muoiono acconciati ben bene, e la loro morte impressiona tutti.
In definitiva, nella mia classe sociale, quelli che si vedono sfoggiare l’uniforme, fermamente si credono degli ufficiali, finché non li disillude l’improvvisa apparizione del nemico. C’è di più: se al Re piace permettere a qualcuno di loro di aggiungere alla giubba un certo ricamo, subito costui si crede un generale, e tutto l’esercito gli dà quel titolo, non per scherzo, tanto è forte l’influenza dell’abito sull’immaginazione umana.
L’esempio seguente dimostrerà ancora meglio quanto affermo.
A volte, si dimenticava di fare avvertire diversi giorni prima un tal conte che doveva fare la guardia: - un caporale andava a svegliarlo alla mattina il giorno stesso che doveva farla, e gli dava la triste notizia; ma l’idea di alzarsi immediatamente, di mettersi le ghette e di uscire così, senza averci pensato il giorno prima lo disturbava talmente che preferiva mandare a dire che stava male, e non uscire di casa.
Indossava quindi la sua veste da camera e mandava via il parrucchiere; ciò gli dava un aspetto pallido e malato, che metteva in allarme la moglie e tutta la famiglia. Egli stesso in realtà trovava di essere un po’ disfatto, quel giorno.
Lo diceva a tutti , un po’ per sostenere caparbiamente l’idea di essere disfatto, e un po’ perché credeva di esserlo davvero. L’influenza della veste da camera piano piano operava: il brodo che aveva bevuto, volente o no, gli dava la nausea; ben presto parenti e amici mandavano a domandare notizie; non ci voleva tanto a metterlo decisamente a letto.
La sera, il medico gli trovava il polso accelerato e ordinava un salasso per il giorno dopo. Se il servizio fosse durato ancora un mese, il malato sarebbe stato spacciato.
Chi potrebbe dubitare dell’influenza degli abiti da viaggio sui viaggiatori, quando si pensa che il povero conte più di una volta rischiò di fare un viaggio all’altro mondo per avere indossato a sproposito la veste da camera in questo mondo?