Renzo Arbore se la ride sornione ricordando quella volta che Eco gli ha conferito la laurea in goliardia. O quella a Napoli, con Benigni che non si inginocchiava in attesa della liquefazione del sangue di San Gennaro ("aveva già detto Wojtylaccio"). È un fiume di avventure e gag se gli citi Marenco, De Crescenzo e Laurito. Si ferma solo sul nome di Mariangela Melato ("l'amore della mia vita") e ammette: "Vorrei avere più fede, per credere davvero che li ritroverò tutti". A 88 anni, 3 format radio e 21 televisivi tutti per la Rai (almeno tre chiusi "sempre dalla politica") ha in testa il format 'Telepuglia international' e una cosa bella per Lillo&Greg, che considera i suoi delfini ("la televisione non è un elettrodomestico, deve educare divertendo, non amo i modelli dei soldi senza merito e delle domande stupide"). Dietro di lui ci sono anche due folli film ("Monicelli mi ha spiegato che bisogna tenere i fili") e 30 anni gloriosi di Orchestra Italiana, che ha portato il jazz e la canzone napoletana in tutto il mondo. Non chiedetegli però di Sanremo: "Io sono nato deejay, consigliavo Battisti, ma le canzoni in gara quest'anno non le conosco e il rap napoletano è creativo ma non lo capisco più". Davanti a lui, un nUovo progetto, la casa-museo zeppa della sua raccolta di oggetti di plastica nella natia Foggia, apertura nel 2026. Tutti i dettagli e moltissime incredibili storie vere li potete leggere in "Mettetevi comodi. Vita, peripezie e tutto il resto" (Fuoriscena), spettacolare libro intervista che Arbore firma con Andrea Scarpa. Qui invece l'intervista video è di Giulia Santerini. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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