Le persone sottomesse hanno un passato colmo di dolore, vivono un presente di sabbie mobili e
difficilmente riescono a guardare al futuro.
Quando spezzano le catene della dipendenza emotiva, tentennano a ogni passo, l'insicurezza e la scarsa
autostima portano la mente a una domanda: sto sbagliando? É colpa mia?
Tuttavia lo slancio vitale istintivo, che nasce nelle viscere, spinge a guadagnarsi la vita stessa, ad
aggrapparsi a una felicità sfuggente, liquida. Se poi a piccoli passi la vittoria viene concessa, ci si trova ad
affrontare un'enorme fatica e un pregiudizio diffuso: "perché ce l'ha fatta? Forse non era davvero una
vittima?"
Ecco, potremmo discorrere per ore dell'argomento, ma dopo aver letto DIARIO DI UNA SOTTOMESSA,
ho ricordato un importante ed essenziale caratteristica dell'arte: essa colpisce nel segno quando non è
diretta, quando si infila sinuosa nella mente e il messaggio che dovrebbe o vorrebbe dire, lo fa dire al
pubblico, allo spettatore o al lettore.
Si può affrontare un tema importante, come quello della violenza psicologica e fisica, attraverso un
racconto giallo?
Voi che ne dite?