Sotto la superficie della città, qualcosa pulsa. Non è solo il caldo opprimente di un sole implacabile: è un respiro oscuro che si insinua dall’asfalto deformato, un fiato umido, tossico, che sembra animare le viscere di Milano come un organismo malato.
In questo episodio breve ma intenso, la realtà si piega e si contorce in forme inquietanti, mentre la paura si fa strada lentamente dal basso, come un veleno invisibile. Il suono stesso diventa un elemento vivo, capace di stringere la gola e scavare negli angoli più nascosti della mente.
Un’immersione nella distopia metropolitana, dove ogni passo può essere l’ultimo e il calore diventa la sentenza.

Un viaggio sonoro nelle viscere di una Milano che sembra morire sotto il sole d’agosto. Qui il caldo non scioglie solo la pelle, ma piega anche le ombre, rallenta il tempo e incatena l’aria. Le strade sono deserte ma non per pace: la città non si svuota, si riempie di un silenzio così denso da pesare più del cemento che la circonda.
Non c’è alcuna folla, nessuna festa, nessuna fuga: solo i pochi rimasti, volti consumati da un’estate che non promette nulla, camminano come spettri appesi a un tempo morto. Questo è un racconto distopico, un soundscape narrativo che dissolve la realtà in poesia nera, mettendoti faccia a faccia con il lato più oscuro della metropoli.
Un’esperienza che ti lascia senza fiato, dove il suono diventa la carne viva di una città che non riesce a smettere di marcire.

Un racconto sul mercato immobiliare come allegoria dell'esclusione sociale. Monolocali che sembrano bare verticali, coinquilini che sono solo nickname in un gruppo WhatsApp. La città affitta spazi che non ti vuole. I fantasmi ci vivono dentro, gridano, ma pagano sempre in anticipo.